L'unica battaglia che ho perso è stata quella che ho avuto paura di combattere.(Che Guevara)

domenica 24 novembre 2013

Dissicinema - Il suo nome è Tsotsi


Tsotsi significa bandito nel linguaggio di strada nella periferia di Johannesburg.
Tsotsi è il soprannome di un ragazzo di 19 anni che ha rimosso ogni ricordo del suo passato, compreso il suo vero nome.
Tsotsi conduce una vita all'insegna della violenza; riempie di botte un compagno della sua gang perché gli fa troppe domande,ruba un'automobile, ferendo la donna che la guidava, ma scopre sul sedile posteriore la presenza di un neonato. A modo suo Tsotsi incomincerà a prendersi cura di lui.

Il film è tratto da un romanzo di formazione - ambientato negli anni '50 - dello scrittore e drammaturgo Athol Fugard.
La storia è stata trasposta nell'attualità perché i temi affrontati sono universali e senza tempo: la consapevolezza di sé e la redenzione.
Lo stile è quello di un thriller psicologico in cui il protagonista sarà costretto a confrontarsi con la propria natura aggressiva e ad affrontare le conseguenze delle proprie azioni.
I personaggi - o meglio, i ragazzi - hanno un'anima duplice: dietro alla corazza di rabbia e violenza si cela la loro umanità, il loro grido di aiuto, di attenzione e di rispetto. Quello vero.

Allo sviluppo della colonna sonora del film ha collaborato anche il poeta e cantante sud-africano Vusi Mahlasela.
Vincitore dell'Oscar nel 2005 come miglior film straniero.



sabato 23 novembre 2013

lunedì 18 novembre 2013

Dissicinema - The Tracker



Tre poliziotti a cavallo inseguono un fuggitivo nell'outback australiano. Siamo nel 1922 e a guidarli è una guida aborigena. Nel gruppo pian piano serpeggiano i dissidi anche in seguito ad episodi violenti e nascono domande mai poste prima: cosa divide bianchi e neri e chi ha diritto di comandare? Rolf de Heer abbandona le 'diversità' singole (l'handicap in particolare) che erano state al centro dei suoi tre film precedenti e affronta un tema più vasto come quello della persecuzione degli aborigeni nei primi decenni del secolo scorso. Può farlo solo agli inizi del nuovo millennio perché prima questo era un tema da evitare in Australia. Riesce a fondere spettacolarità e messaggio coadiuvato anche da un attore aborigeno che, terminate le riprese di questo ed altri film, torna nella sua baraccopoli.










lunedì 4 novembre 2013

Dissicinema - Le Biciclette di Pechino



Wang Xiao-shuai (1966), nel narrare una vicenda non distante da quella di Ladri di biciclette, in cui un ragazzino trova lavoro presso un corriere, una sorta di Pony Express in bicicletta, traccia lo spaccato di una società assolutamente divisa tra il consumismo sfrenato metropolitano e l'attaccamento a tradizioni rurali del passato. La ricerca della bicicletta "rubata", fonte di guadagno per Guei, pertanto un oggetto prezioso, offre lo spunto alla cinepresa per vagabondare tra le strade di Pechino, dove, malgrado tutto, sembra ancora possibile trovare e scoprire valori come la solidarietà e l'amicizia. Bravissimi gli attori, ragazzi che non sembrano aver raggiunto la maggiore età e bravo il regista della sesta generazione, Wang Xiao-shuai, per aver raccontato in modo realistico, ma non privo di poesia, una storia apparentemente semplice.





Il bel film cinese vincitore del Gran premio della Giuria all'ultimo FilmFest di Berlino, diretto da un giovane regista che sin dal suo primo film nel 1993 è stato osteggiato dalle autorità statali della Repubblica Popolare di Cina e molto apprezzato all'estero, è indirettamente ispirato a Ladri di biciclette di Vittorio de Sica. [...]
(Lietta Tornabuoni, La Stampa)



Wang Xiao-shuai racconta le storie di vita del suo paese e le contraddizioni delle grandi città, divise ancora tra la nuova ricchezza e la tradizione.


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